
di Tamara Barbarossa

Affacciato sulla costa centro occidentale dell’isola di Sardegna, un lembo di terra “ingannevole” instilla una illusoria ed affascinante continuità tra terra e mare. Questa seducente area naturalistica è stata riconosciuta dalla commissione Europea come destinazione di eccellenza “Eden”. Si tratta della penisola del Sinis, una località in cui, oltre agli scenari mozzafiato, si trovano insediamenti di straordinarie testimonianze culturali, di epoca nuragica. Pensate che nel 1974 un pastore, mentre arava il suo campo, riportò alla luce decine di giganti guerrieri: straordinari colossi in pietra datati più di 3000 anni. Inoltre questo lembo di terra accoglie piccoli borghi e villaggi dal carattere davvero singolare, gli stessi sorgono su antichi luoghi sacri, tutt’ora celebrati con vetusti riti d’origine pagana, “adottati” e “riadattati” dalla Chiesa Cristiana.
Il western a casa mia
“ Io dormirò tranquillo perché so
che il mio peggior nemico veglia su di me”
Clint Eastwood
Vi starete domandando che c’entra Clint Eastwood col minuscolo borgo di cui vi parlerò oggi: per gli abitanti dell’isola è risaputo che il villaggio di San Salvatore rappresenti un vero e proprio farwest Sardo. Tra il 1967 ed il 1990 il suo scenario venne letteralmente adattato al set di “Spaghetti Western”, grazie alla forte somiglianza a quei classici paesi americani di frontiera, di conseguenza venne affittato a produttori cinematografici, i quali, con grande immaginazione, lo ricollocarono in una vecchia e polverosa Arizona, con tanto di saloon dalle porte a spinta in legno intagliato. Si aveva la sensazione che ad ogni angolo si potesse di incontrare un pistolero col cappello da cowboy calato sugli occhi che, a cavalcioni su di un lento destriero, si trascinava attraverso le stradine polverose del villaggio.
Dopo gli anni ’90 il genere passò di moda e San Salvatore pian piano riprese ad essere la borgata medioevale che sorge su un sacro luogo di culto, il quale per millenni ha richiamato a se i popoli dei paesi vicini, per altre ben più note ragioni. Il suo attuale aspetto lo dobbiamo al dominio spagnolo che in Sardegna tiranneggiò per ben quattrocento anni. Furono proprio loro ad erigere la chiesa, dedicata a santo sopra citato, sulle vestigia di un antico santuario preistorico scavato nella roccia. La zona sottostante la navata centrale vede tutt’oggi snodarsi un pozzo sacro con relativa sorgiva e diversi ambienti che, in epoca nuragica, venivano adibiti al culto pagano delle acque. Sulle pareti della stessa chiesa sono ancora presenti iscrizioni di origine punica, greca, latina e persino araba, sicuramente risalenti al periodo relativo alle incursioni islamiche durante il medioevo.
Il carattere da vecchio west del paese deriva dalle particolari abitazioni che circondano la chiesa, noi le chiamiamo “cumbessias”: sono delle case basse e singole. Per aiutarvi a comprendere meglio potrei paragonarle a dei bilocali, i quali accoglievano pellegrini e noveranti. Qualcuno afferma che in epoche lontane siano state abitazioni di monaci, qualcun altro immagina fossero spazi dedicati a mercanti, ma sono solo supposizioni. Quel che è certo è che, col trascorrere del tempo, queste siano state acquisite da privati e tramandate per generazioni. Oggi spunta fuori qualche B&B, in quanto la novena in onore di San Salvatore porta con se centinaia di devoti, curiosi e turisti.
Santu Srabadori
San Salvatore
Nel periodo tra fine agosto e gli inizi di settembre le viuzze in terra battuta del borgo si animano per la festa del patrono. Il momento commemorativo più atteso è senza dubbio la corsa degli scalzi: i “Curridoris”. Un fiume umano vestito di bianco accompagna il simulacro di “Santu Srabadori” in spalla e a piedi nudi: il tragitto parte dal paese di Cabras sino all’ormai noto villaggio, che conta ben sette chilometri.
E’ un’esperienza da vivere non solo per la sacralità e la suggestione che suscita, ma per tutto quello che circonda l’evento: per nove giorni il borgo indossa il suo abito migliore, quello dei suoni, dei colori e dei profumi della bella isola. Nove giorni di balli popolari tra bancarelle di arrosti di “Porceddus” e muggini locali, piatti di fregola sarda fatta a mano e cucinata a fuoco lento con le sostituibili arselle di Marceddì, senza dimenticare la polvere dorata: la bottarga di muggine, pescata a Cabras ed essiccata seguendo la stessa tecnica importata dai Fenici.
Spero che la mia descrizione basti per farvi prendere in considerazione un bel viaggetto in Sardegna durante i prossimi mesi. Mi auguro anche di essere riuscita a solleticare la vostra attenzione sino alla fine e vi attendo numerosi al prossimo articolo per una passeggiata fra le nuvole in tutt’altra regione.
M
Mi trovate su Instagram come @Rorsmarina_brbs