Thailandia parte III: da Phi Phi Island a Phuket

di Manuela Costa

Eccoci amiciii: abbiamo lasciato il nostro hotel a Krabi Town e siamo sulla van che ci porterà all’imbarco del traghetto diretto a Phi Phi Island. La navigazione dura quasi due ore e lo scenario è sempre, e a dir poco, fantastico.

E l’isola, in lontananza, emana già la sua magia. Si intravedono tantissime imbarcazioni, da quelle tipiche thailandesi a grossi yacht, probabilmente di proprietà di qualche personaggio famoso, come colui che ha mostrato questo angolo di paradiso al mondo intero. Stiamo parlando ovviamente di Leonardo Di Caprio che, come ricorderete, ha girato qui “The Beach”; purtroppo l’incantevole Maya Bay, resa nota dal film, può essere visitata solo in barca perché la spiaggia, danneggiata dall’eccessiva quantità di turisti, è ormai inaccessibile. Ma ce ne sono molte altre altrettanto meravigliose.

Purtroppo dormiremo a Phi Phi soltanto due notti quindi non c’è molto tempo. Sbarcati sull’isola si respira turismo a pieni polmoni ed è una sensazione piacevole, mi sento elettrizzata. Adoro i negozietti pieni di souvenir e le viuzze piene di vita, quando non sono eccessivamente affollate, naturalmente. E diciamo che si riesce a passeggiare tranquillamente ma noi dobbiamo correre. E si, perché il carrettino che sta portando le valigie al nostro residence si perde in mezzo alla folla quindi meglio tenere il passo. Sandra è già distrutta perciò mi tocca fare su e giù tra lei e il portantino per non perderci. Arriviamo finalmente. Ho scelto una struttura poco distante dalla via principale, con dei bungalows e una piccola piscina, che può sempre essere utile. Non abbiamo fatto tanta strada, forse un km, ma il sole era a picco e il caldo si è fatto sentire quindi: tuffo in piscina e birretta gelata!

Mi piace questo posto; la musica dei locali e la confusione del centro sembrano essere molto distanti, ma siamo solo a 200 metri dal corso principale e a 300 dal mare, nella baia di Loh Dalam. Ed è li che andiamo in questo nostro primo pomeriggio isolano. Il mare cristallino è molto basso e non si riesce a camminare facilmente in acqua a causa della barriera corallina, praticamente frantumata nel primo tratto. Quindi nuotiamo a pelo d’acqua fino a raggiungere il tratto dove non si tocca più e dove i pesciolini colorati ti gironzolano attorno. Non sono tantissimi perché da questa baia partono in continuazione le long tail boat per le escursioni, che decidiamo di non fare visto il poco tempo e la possibilità di raggiungere i posti via terra.

Sono quasi le quattro e la pancia inizia a brontolare. Mangiamo una pizza vicino la spiaggia e ci separiamo: la mia amica ritorna in hotel mentre io fremo per capire cosa vedere prima che faccia buio. Decido di incamminarmi nella strada che porta al “view point”, indicata in vari punti ma senza informazioni sulla distanza. Capisco dopo il primo km di non aver preso la decisione migliore ma è stata comunque un’avventura divertente, come sempre piena di imprevisti, più o meno piacevoli. Fatti i primi venti minuti in piena salita su un asfalto cocente ecco che si presenta il primo ostacolo. Vedo un gruppo di ragazze ferme sul ciglio destro di una curva e mi insospettisco. Cosa staranno fotografando?Ma certo: le simpatiche scimmiette! Una grossa salta dall’albero e mi si avvicina con aria decisa e minacciosa. Le ragazze mormorano qualcosa in inglese; non capisco nulla ma intuisco un segnale di allerta nei loro visi. Il sentimento di simpatia si trasforma subito in vera e propria paura. Penso subito che ci siano gli scimmiottini e che la mamma li voglia proteggere, come era successo al parco, ma mi sbaglio e in pochi secondi me la ritrovo quasi addosso. Ma non le interesso io bensì la piccola busta di plastica che ho in mano, al cui interno ci sono degli spicci e la mia merenda! La lancio senza esitazione lontano da me e la scimmia, anch’essa senza esitazione, ci si butta sopra: infila la rapida zampina dentro, estrae la brioche e fugge velocissima! In meno di un minuto mi ritrovo più sudata, a causa dello spavento, stupida per essermi fatta intimorire da un mio antenato e arrabbiata per aver perso la mia gustosa e soffice brioche piena di crema. Ma se ci penso adesso non posso far altro che riderci su! Continuo a camminare inconscia di dover ancora percorrere altri 3 km. Non posso assolutamente tornare indietro ma devo muovermi per riuscire a vedere il tramonto, quindi aumento il ritmo e arrivo in cima, dove mi aspetta un’altra piccola sorpresa: si paga l’ingresso e io sono senza soldi! E ora che si fa?non mi lascio sovrastare dal dispiacere per aver percorso quasi 6 km invano e cerco un’entrata secondaria. Non c’era ma riesco comunque a salire su una collinetta un po’ più avanti; il tramonto l’ho perso ed è quasi buio ma scatto lo stesso qualche foto.

Vedo un sentiero che costeggia i pali della luce e, senza pensarci troppo, lo percorro. Rischio due volte di scivolare e mentre mi destreggio tra alberi, pietre e fili elettrici pendenti penso a quando tutte le mie amiche mi chiamano pazza. Bé, è stato un po’ incosciente incamminarsi in questo sentiero sconosciuto, vista soprattutto la ripidità e la poca visibilità, ma, al massimo, posso cadere senza troppi danni o imbattermi in qualche altro animale. Più scendo più il rumore dei motori delle barche mi accompagna con costanza e mi incoraggia ad andare avanti. Non sapevo dove sarei spuntata ma la fortuna stavolta è dalla mia parte e mi ritrovo con stupore alle spalle del “Tropical Garden Bungalow”: sono a casa! Sono stanca ma affamata quindi ci prepariamo velocemente per andare a cena ed ovviamente, zuppa al green curry!

Colazione abbondante per una giornata piena di emozioni: forza Sandra, vedrai che sarà una passeggiata fantastica! Una passeggiata di 7 km in giro per l’isola e direi che ce la siamo cavate benissimo. Partiamo alla scoperta di Loh Moo Dee Bay, che raggiungiamo dopo un’ora di faticosa camminata lungo un primo tratto asfaltato non pianeggiante e una strada sterrata, immersa nella foresta, che si apre su una distesa verde. Da qui, un piccolo sentiero, tra palme altissime e sottili, ti conduce ad un mare che sembra essere diviso in due colori: acquamarina e blu cobalto. Sembra un quadro!

Non vedo l’ora di immergermi in quel mare limpidissimo e ho l’adrenalina a mille. La mia amica si sdraia all’ombra esausta e dopo un po’ di relax mi raggiunge. Facciamo un po’ di snorkeling, ci abbronziamo una mezz’oretta e siamo pronte per andare a Long Beach. Ci arriviamo quasi subito perché la strada è in discesa; è piena di alberi e cespugli molto curati e ci sono delle bellissime case in legno, con il tetto in tipico stile thailandese. Il mare si intravede durante tutto il tragitto e rende il nostro percorso ancor più piacevole.

Anche questa spiaggia non delude le mie aspettative e il mare è meraviglioso e pieno di pesci ma è troppo affollata per me. E qui gli italiani sono veramente tanti, per lo più coppie di svariate età. Ovviamente interagisco subito e chiedo mille informazioni sull’isola perché voglio ritornarci, per stare più tempo; ma dalle quattro chiacchiere scambiate con varie persone capisco subito che non è in questa zona che alloggerò: è un posto d’élite, tipicamente turistico a prezzi europei, dove i nativi si sono adattati alle esigenze dei turisti a scopo commerciale. Decisamente non fa per me! Io devo adattarmi al luogo, agli usi e alle abitudini del luogo che visito per conoscerne la vera essenza, non il contrario! E la cultura di un popolo è strettamente legata al cibo quindi mi nutro rigorosamente ed esclusivamente di alimenti del luogo, nei limiti di tollerabilità; scorpioni e simili non ho avuto il coraggio di mangiarli. Sandra invece, di mentalità tipicamente da “italiana in vacanza”, preferisce i posti chic, le comodità e il cibo italiano (nella maggior parte dei casi solo nel nome). Adesso gustati questo delizioso primo alla carbonara, dove il prosciutto è stato sostituito da pochi funghi e i dieci spaghetti stanno annegando in un litro di panna! Durante il ritorno ho riso per tutto il tragitto mentre lei continuava a borbottare. Abbiamo camminato fino alla fine della spiaggia e fatto un faticosissimo tratto ripido tra gli alberi per valicare una collinetta, al fine di raggiungere la Baia di Ton Say.

Per percorrerla tutta e arrivare a casa ci mettiamo più di un’ora e mezza. Decidiamo di passare dalla spiaggia cosi da poter fare delle breve soste e in alcuni tratti, a causa delle grosse rocce, siamo costrette ad entrare in acqua e procedere via mare. Il sole è quasi andato via e sembra non si arrivi mai ma ecco la strada, i primi ristoranti, i negozi di souvenir, i piccoli alimentari, le agenzie turistiche e i numerosi tattoo shop che danno vita all’isola. Forza amica mia che ci siamo quasi: poco più di un km e siamo a casa. È stata una giornata stremante per lei ma ci siamo divertite. Io ho ancora qualche energia da consumare quindi faccio un salto in spiaggia a Loh Dalam. I locali si stanno tutti preparando per i party notturni “on the beach” e le tante luci illuminano il mare e tutto ciò che lo vive creando uno scenario magico.

Oggi si parte dopo pranzo per prendere il traghetto delle 15.30 quindi ho l’ultima mattinata a disposizione. Opto per Loh Ba Kao Bay a nord est dell’isola, a quasi quattro km dall’hotel. Ce la farò a tornare in tempo?certo che sì, quindi pronti per un’altra bella e lunga passeggiata. Il sentiero non è ben indicato e dopo poco incontro una ragazza che sembra un po’ sperduta come me. Parliamo in inglese e chiediamo informazioni ad un thailandese che insiste per accompagnarci ma entrambe non siamo d’accordo e cerchiamo di liberarcene. Siamo subito in sintonia, ci presentiamo e ridiamo: anche lei è italiana! Si chiama Ambra ed è giovane, solare e simpaticissima. Ci raccontiamo di tutto e sembriamo amiche da una vita. Dopo aver camminato lungo spiaggia, superato una parte rocciosa e attraversato un’altra collina arriviamo su un sentiero serpeggiante immerso nella giungla che finisce incrociando una strada asfaltata. L’indicazione sul cartello dice a destra, e destra sia. Dopo circa 800 metri arriviamo in questa comunità di pescatori, con case umili, la strada sterrata, punti di ristoro semplici per gli abitanti e qualche escursionista come noi, bambini che giocano per strada e quasi nessun turista. Sono tutti in spiaggia, sdraiati nei lettini sotto gli ombrelloni, di fronte al mega resort che li ospita: una grande struttura con bungalows in paglia e bambù in armonia con la natura. La stradina che li collega arriva fino al mare e anche qui il paesaggio è paradisiaco. Palme, vegetazione a picco sul mare, sabbia chiara e acqua trasparente. Raggiungiamo la parte finale della spiaggia per un bagno e qualche foto ma il mio tempo è già al temine ed è ora di tornare indietro: ciao dolcissima Ambra, forse un giorno ci rivedremo!

Sono quasi le 17 del 4 di aprile e stiamo per arrivare a Phuket. Decisamente uno scenario diverso e l’impatto iniziale è negativo. Si vedono imbarcazioni mercantili e palazzi all’orizzonte e, al nostro sbarco, siamo assaliti dai tassisti. Vanno tutti nella famosa Patong Beach mentre noi siamo diretti a Karon, a soli 4 km di distanza, ma nessuno sembra volerci portare a prezzi ragionevoli. Dopo mezzora di negoziazione pago l’importo voluto ma sono comunque infastidita e forse un po’ stanca del viaggio. Siamo le ultime ad essere portate a destinazione dopo varie fermate negli hotel di Patong, che sembra essere piena di vita e molto caotica. Contente di raggiungere la nostra più tranquilla cittadina ci sistemiamo nella stanza, spaziosa e molto confortevole, e facciamo subito un giro perlustrativo alla ricerca della nostra prima cena. Non andiamo molto lontano e ci sediamo in un ristorante all’aperto molto semplice, a conduzione familiare. La signora cucina benissimo e finalmente anche la mia amica assapora con gusto un tipico piatto thailandese. Andiamo a nanna presto per goderci la spiaggia il giorno dopo. In quindici minuti a piedi siamo li ma non c’è neanche un posto all’ombra, se non lontano dal mare sotto gli alberi: le due file lunghissime di ombrelloni sono tutte occupate! Sandra crolla in una lunga dormita di sotto una palma mentre io e il mio pareo pieno di elefantini ci stendiamo al sole.

Avrete già capito che preferisco i luoghi selvaggi e poco frequentati, ma anche se qui ci sono molte persone è comunque piacevole: il clima è magnifico, il mare stupendo, la spiaggia pulita, attrezzata con sdraio e ombrelloni o libera; ci sono le massaggiatrici, le moto d’acqua che partono una dietro l’altra, i paracaduti che atterrano di continuo e passano tra le nuvole fino al tramonto, i campi da beach volley e tanto altro. E a pochi metri dalla zona balneare, sulla via principale, un’infinita di ristoranti e negozi di vario genere. Insomma, qui ce n’è per tutti i gusti e ci si può rilassare e divertirsi al tempo stesso, dalla mattina alla sera.

Andato via il sole, andiamo via anche noi. Ci prepariamo con calma per andare al mercato notturno vicino casa, che viene allestito nel piazzale di un bellissimo tempio. Ci sono un sacco di bancarelle piene di colori, capi d’abbigliamento e oggetti di tutti i tipi e più le guardo, più mi convinco di quanto vengano presi in giro molti viaggiatori, me compresa, a volte. Ci sono alcuni souvenir che ti fanno credere essere tipici del posto e soprattutto fatti a mano, mentre in realtà vengono prodotti industrialmente e distribuiti in tutto il mondo. Ho visto le stesse pachimine nelle medine di Fez e Marrakech, con l’unica differenza nell’etichetta che indicava Made in Morocco invece di Made in Thailand. E degli utensili da cucina tutti in legno, comprati su una spiaggetta di Baracoa a sud di Cuba, da un giovanotto che diceva di esserne l’artefice. Evviva il commercio e viva gli ambulanti: e da quello delle ciambelle mi fermo! Chissà da quale pianeta vengono; bé, qualunque sia sono ottime ed è la mia cena stasera.

Terzo giorno a Phuket e lo scooter è d’obbligo. Ne affitto uno vicino casa e alle 10 siamo già in sella per visitare il sud dell’isola. Dopo solo 3 km, appena giunte a Kata, qualcosa non va e dobbiamo fermarci. Ruota a terra o forse scoppia, ma poco importa perché dobbiamo comunque ripararla: uffa! Lascio Sandra in un bar italiano e mi dirigo a passo di lumaca dal meccanico che mi è stato indicato. Ce la faranno le nostre eroine a superare questo imprevisto?Ve lo racconto nella prossima puntata…

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